mercoledì 13 maggio 2020

PIANTE TINTORIE E LE LORO PROPRIETA’ ANTI CANCEROGENE

PIANTE TINTORIE E LE LORO PROPRIETA’ ANTI CANCEROGENE

Autore: Paolo Pelini
Introduzione
La chemioterapia, o l'uso di agenti chimici per distruggere le cellule
tumorali, è un passaggio nodale nel trattamento dei tumori maligni. Il
maggior vantaggio della chemioterapia è la possibilità di trattare tumori
molto estesi e le metastasi tumorali, laddove la chirurgia e la radioterapia
consentono di trattare principalmente tumori che sono confinati in aree
specifiche.
Pertanto la chemioterapia è in continua ricerca di molecole dotate del
livello massimo di potenza e selettività di azione.
I chemioterapici che hanno come effetto terapeutico la distruzione di una
popolazione cellulare avranno tanto maggiori probabilità di successo
quanto maggiori sono le differenze biologiche esistenti tra le cellule
bersaglio e le cellule dell’organismo ospite.
Queste differenze, che sono minime tra la popolazione cellulare
neoplastica rispetto a quella dell’organismo da cui essa si è originata,
rendono ragione del fatto che un agente antitumorale, raramente potrà, da
solo, eliminare tutte le cellule cancerose senza dare effetti tossici
collaterali per il paziente.
La chemioterapia antitumorale è infatti fortemente limitata dalla sua
tossicità, cioè da un indice terapeutico molto ristretto. Tuttavia, enormi
progressi sono stati fatti anche in questo campo, grazie allo studio dei
fattori che interagiscono tra loro nel corso di una malattia neoplastica,
come la natura del paziente e i cambiamenti del suo stato metabolico,
endocrino, immunologico, la neoplasia e la sua peculiare biologia ed
infine il meccanismo d’azione dei farmaci antitumorali.
Comprendere il ciclo riproduttivo della cellula normale e il
comportamento di cellule maligne o cancerose è quindi necessario per
comprendere come la chemioterapia possa distruggerle.
Di seguito è riportato un esempio del ciclo riproduttivo della cellula
eucariota dove è possibile distinguere cinque fasi:
nella fase G0 la cellula non è impegnata nell’attività riproduttiva e
quindi svolge la sua normale funzione all’interno dell’organismo.
nella fase G1 la cellula inizia la sintesi delle proteine e dell’RNA
necessari per la duplicazione dei cromosomi.
nella fase S la cellula duplica i cromosomi.
nella fase G2 c’è una nuova fase di sintesi di proteine e di RNA in
cui la cellula si prepara alla divisione.
nella fase M si ha la divisione cellulare o mitosi.

Figura 1-Schema delle fasi del ciclo riproduttivo della cellula.


















 Si distinguono
almeno quattro fasi, in ognuna delle quali la cellula si prepara per una successiva
mitosi. Errori in questo processo possono compromettere la vitalità cellulare e
per tale motivo esistono dei punti di controllo (checkpoints), localizzati a livello
delle transizioni G1/S e G2/M. L’omeostasi tissutale viene controllata da
numerosi geni, i quali codificano proteine che fungono o da regolatori positivi o
da regolatori negativi del ciclo cellulare. Mutazioni a carico di tali geni possono
portare ad alterazioni del ciclo cellulare e quindi a proliferazione incontrollata.
Fisiologicamente, l’omeostasi tessutale è garantita da un continuo
equilibrio tra cellule proliferanti e cellule in necrosi in modo tale che la
densità cellulare sia sempre costante. Non tutte le cellule sono nello stesso
ciclo replicativo: alcune sono in fase G0, sono cioè quiescenti perché non
si replicano per un periodo di tempo indeterminato ma possono in
qualsiasi momento rientrare in azione, mentre altre, una volta
differenziatesi, perdono definitivamente la capacità proliferativa. Queste
ultime sono escluse dal target terapeutico dei farmaci citotossici ma ciò
non significa che lo siano anche per quanto riguarda gli effetti tossici (es:
le antracicline possono danneggiare irreversibilmente i miocardiociti)2,3,20.
La maggior parte dei farmaci chemioterapici attualmente disponibili
distruggono le cellule del cancro bloccando, per diverse vie, la sintesi del
DNA o alterando altre funzioni del ciclo cellulare.
Il tumore, che è un processo multifasico1, si sviluppa di solito nel corso di
diversi anni, durante i quali si verificano alterazioni geniche multiple.
Nella maggior parte dei casi si tratta di mutazioni somatiche (traslocazioni
cromosomiche, inversioni, amplificazioni o mutazioni puntiformi), alcune
delle quali sono ritenute responsabili dell’ attivazione di oncogeni,
effettori della trasformazione neoplastica, mentre altre sono considerate
promotrici della perdita funzionale dei geni oncosoppressori, regolatori
negativi della crescita.
Tre tipi di geni principali controllano la proliferazione cellulare:

Protoncogeni: geni coinvolti nella stimolazione, crescita e
proliferazione cellulare. Mutazioni a carico di questi geni comporta un
processo di attivazione (oncogène) che a sua volta provoca un aumento di
tali funzioni e quindi dei processi di trasformazione ed invasività. Gli
oncogeni hanno funzione dominante: una sola copia genica mutata è
sufficiente a produrre il cancro per acquisizione di funzione (“gain of
function”).

GENE FUNZIONE TUMORI ASSOCIATI
Catena β del PDGF fattore di crescita Osteosarcomi
Int2 fattore di crescita dei
fibroblasti
carcinoma vescica e mammella
Erb1 recettore per EGF carcinoma polmone
Erb2 recettore per EGF carcinoma ovaio, stomaco,
mammella, polmone
Ret recettore per GDNF carcinoma papillifero, tiroide,
MEN2A/B, midollare tiroideo
familiare
Fms recettore per CSF-1 leucemie
Ras GTP-binding protein
trasduttrice del segnale
carcinoma colon, pancreas,
vescica, tiroide
c-myc, N-myc, L-myc fattori trascrizionali linfomi, Neuroblastoma,
carcinoma polmone
Cicline D (PRAD-1,
bcl-1)
proteine del ciclo
cellulare
Adenoma paratiroideo, linfomi,
carcinoma fegato, mammella

L’oncogène è quindi una versione modificata di un gene cellulare che
acquisisce funzione dominante nel promuovere la proliferazione cellulare.

Figura 2- Trasduzione del segnale, ossia catena di reazioni che trasmette segnali
(soprattutto idrofilici) dalla superficie cellulare verso bersagli intracellulari di
vario tipo, al fine di controllare la trascrizione di determinate proteine e/o la
crescita cellulare. 













Qualsiasi danno a carico dei geni codificanti tali proteine
potrebbe essere causa di un processo carcinogenico.











Oncosoppressori: sono geni aventi un ruolo di controllo negativo
della proliferazione cellulare, al fine di prevenire eventi di crescita
cellulare abnorme. Normalmente questi geni inibiscono la crescita
cellulare. Gli oncosoppressori sono recessivi a livello cellulare. Entrambe
le copie geniche devono essere alterate perchè si sviluppi il tumore (“loss
of function”). Infatti, la maggior parte dei tumori ereditari sono dovuti
all’ereditarietà di un gene oncosoppressore mutato (first hit) e
l’ereditarietà della predisposizione a sviluppare il cancro è dominante
(50% di rischio da un genitore portatore). E’ però necessario un secondo
colpo (second hit) per lo sviluppo del tumore, pertanto il gene agisce in
modo recessivo a livello cellulare.

Geni oncosoppressori:

NF-1 inibizione di Ras Shwannomi Neurofibromatosi1
APC inibizione del
segnale fitogenico
carcinoma stomaco,
colon, pancreas
Polipomatosi
familiare del colon,
carcinoma colon
WT-1 fattore trascrizionale Nefroblastomi tumore di Wilms
Rb regolazione del ciclo
cellulare
Retinoblastoma,
Osteosarcoma,
carcinoma mammella,
colon, polmone
Retinoblastoma,
Osteosarcoma
P16 inibizione delle
CDKs
carcinoma esofago,
pancreas
Melanoma familiare
P53 risposta al danno al
DNA
nei tumori maligni
avanzati
Sindrome Li-
Fraumeni
Geni coinvolti nel “DNA repair: Sono geni aventi un ruolo nel
riparare eventuali mutazioni o alterazioni del DNA dovute sia a fattori
endogeni (es: disfunzioni enzimatiche) che esogeni (es: raggi UV).
Mutazioni a carico di questi geni possono portare ad eventi di “missrepair
e quindi ad un accumulo di mutazioni potenzialmente
cancerogene.
GENE FUNZIONE TUMORI
ASSOCIATI A
MUTAZIONI
SOMATICHE
TUMORI
ASSOCIATI A
MUTAZIONI
EREDITARIE
BRCA-1
BRCA-2
riparo del DNA carcinoma
mammella, ovaio
carcinoma
mammella, ovaio
MSH
MLH
riparo del DNA
miss match
carcinoma colon carcinoma colon non
polipomatoso

La carcinogenesi, che è un processo multi-fattoriale, riconosce diverse fasi
con eventi genetici multipli (mutazioni) che si verificano in un lungo arco
temporale (almeno 10 anni nella maggior parte dei casi). Alla base della
carcinogenesi21 c’è quindi un danno genetico non letale, provocato dall’
azione di numerosi fattori, i quali possono essere divisi in:
Estrinseci: fattori ambientali (onco-virus, radiazioni, prodotti
chimici, dieta, etc.)
Intrinseci: fattori genetici o fisiologici (stato immunitario,
equilibrio endocrino, etc.)

L’ipotesi genetica del cancro parte dal presupposto che una massa
tumorale sia il risultato dell’ espansione clonale di una singola cellula che,
a seguito di una o più mutazioni e del fallimento dei meccanismi di
regolazione atti a mantenere l’omeostasi del numero delle cellule
dell’organismo, va incontro a proliferazione incontrollata illimitata, che
rimane localizzata, nel caso di tumore benigno, mentre va incontro a
metastatizzazione o disseminazione di cellule neoplastiche, nel caso di
tumore maligno o cancro.

Esistono almeno tre fasi nel processo di carcinogenesi:
Iniziazione, che consiste nell’acquisizione di una mutazione nel
DNA di una cellula normale (modifica irreversibile), che le conferisce
capacità di crescita individuali. L’agente iniziante può essere un
carcinogeno ambientale o un difetto geneticamente trasmesso.
Promozione/Conversione, in cui uno specifico agente
(promotore) aumenta le capacità proliferative della cellula iniziata. I
promotori spesso interagiscono con il DNA ed aumentano le capacita’ di
espressione del DNA mutato. Il clone di cellule prende la forma di un
tumore benigno (fisicamente coeso).
Progressione, consiste nella transizione della cellula iniziata verso
la malignità. Le cellule singole possono distaccarsi ed iniziare nuovi cloni
che crescono a distanza (metastasi) avvalendosi di un processo di
angiogenesi.
La carcinogenesi è quindi causata da mutazioni del materiale genetico di
cellule normali, e ciò altera l’equilibrio tra proliferazione e morte
cellulare. Questo dà luogo a una divisione cellulare incontrollata ed alla
formazione del tumore.
Lo scopo della chemioterapia è proprio quello di bloccare la proliferazione
neoplastica, uccidendo il maggior numero possibile di cellule tumorali
proliferanti e non, requisito fondamentale per ottenere miglioramenti
clinici evidenti.
Quindi è chiaro che l’obiettivo principale è quello di modificare la curva
di crescita delle cellule tumorali in modo da ottenerne una regressione.
La velocità di crescita dei tumori in vivo è all’inizio rapida, ma quando il
tumore aumenta di dimensioni, esso rallenta a causa della inadeguatezza
della vascolarizzazione, che porta le cellule ad una mancanza di nutrienti e
di ossigeno. La riduzione della massa tumorale mediante la chirurgia o la
terapia radiante aumenta il reclutamento delle cellule che rimangono nella
fase attiva del ciclo ed aumenta la loro sensibilità ai farmaci
chemioterapici.
Tra i problemi associati alla chemioterapia vi è quello dovuto al fatto che
non è stato ancora possibile scoprire farmaci specifici per le cellule
tumorali, essendo queste molto simili da un punto di vista metabolico a
quelle normali. Il cancro rappresenta dunque un problema di notevole
portata, e scoprire nuovi bersagli biologici risulta fondamentale per poter
utilizzare in maniera appropriata l’attuale generazione di agenti neoplastici.

PIANTE TINTORIE:
Il mondo vegetale come sempre ci viene in aiuto, infatti molte piante hanno azione anti cancerogena alcune di queste sono le piante cosi dette tintorie per la capacità dei loro metaboliti di colorare.
Un esempio e la Rubia tinctorum L, infatti studi condotti sui due pigmenti di questa piante Alizarina e Purpuruna




a: Alizarin b. Purpurin








    Hanno dimostrato che presentano un certo grado di effetti inibitori selettivi verso le cellule tumorali, Gli effetti di alizarina, purpurina e un estratto acquoso dalla coltura radicale pelosa trasformata di Rubia tinctorum L. sono stati esaminati su proliferazione cellulare, apoptosi, adesione / morfologia cellulare e migrazione (chemiotassi, chemochinesia ) delle linee cellulari di melanoma umano e di cellule di fibroblasti umani (MRC-5), nonché l'estratto acquoso è stato caratterizzato analiticamente.
    Anche Lawsonia inermis L. o più conosciuta come pianta dell’ Hennè possiede attivita anticancerogena nonostante in passato fu accusata dell’esatto opposto.
    Il fatto che molti scordano che una sostanza per portare benefici o malefici insomma per essere cancerogena o anticancerogena o non provocare affatto danni va saputa dosare, nel senso vero e proprio del termine!
    Infatti molte sostanze per acquisite potere cancerogeno o mutageno non basta che siano intercalanti (che si leghino al DNA) ma devono essere presi in una certa dose.
    Il Lawsone metabolita con proprietà coloranti che in realtà non è presente neanche nella pianta ma si forma a seguito di reazioni secondarie di ossidazione e acidificazione dei tre preculsori questi si presenti nella pianta detti hennosidi A,B,C, infatti il Lawsone come ho avuto modo di dimostrare si forma nella pianta solo a seguito di un processo di ossidazione da parte di certi batteri che possono contaminare la pianta o l’estratto (ma questo è un altro discorso), si è visto che anche il Lawsone possiede attività anticancerogena portando ad apoptosi le cellule cancerogene.

    Lawsone













    Anche Indigofera tinctoria possiede le sue proprietà anticancerogene a seguito della molecola Indaco che svolge una azione citotossica e antiproliferativa nel carcinoma alla cervice, carcinoma gastrico e al colon







Indaco




Su queste e altre molecole tintorie vanno effettuati studi più approfonditi perché potrebbero aiutarci molto nella lotta contro il cancro.

Paolo Pelini
Erbochimico
Valutazione Farmacognostica Piante Medicinali
Roma-Italia